Turandot - Compagnia dei Teatranti Bisceglie

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Turandot

NOTE STORICHE
Turandot è il titolo di un'opera teatrale in cinque atti di Carlo Gozzi, drammaturgo e scrittore veneziano, scritta in versi nel 1762.
Una caratteristica della "fiaba teatrale" di Gozzi è la presenza delle tipiche maschere della commedia dell'arte, nonostante l'ambientazione esotica. In particolare, secondo la tradizione, le parti della commedia che prevedono l'intervento di questi personaggi sono solo abbozzate come canovaccio, in modo da lasciare libero spazio all'improvvisazione scenica degli attori di questi ruoli, come da tradizione.
Venne successivamente tradotta da Friedrich Schiller (poeta, drammaturgo e storico tedesco) e rappresentata per la prima volta il 30 gennaio 1802 presso il teatro di Corte di Weimar: il successo riscosso fu limitato ai soli ambienti letterari, ma questo non le impedì in seguito di diventare il punto di riferimento obbligato per le numerose opere in musica dedicate a Turandot nel corso del secolo. Il fatto stesso che quasi tutte le realizzazioni musicali di Turandot create durante l'Ottocento siano in lingua tedesca va infatti ricondotto all'influsso preponderante esercitato sulla coscienza letteraria del tempo dalla rielaborazione schilleriana di Turandot.
Anche la Turanda di Antonio Bazzini, musicista e compositore bresciano che tra i suoi allievi al conservatorio di Milano ebbe i lucchesi Giacomo Puccini e Alfredo Catalani, si basa sulla versione del testo gozziano offerta da Schiller, tradotta in italiano dal poeta trentino Andrea Maffei.
Tale traduzione fu usata dai veronesi Giuseppe Adami (scrittore e librettista) e Renato Simoni (giornalista, drammaturgo, scrittore critico teatrale e regista) come base per il libretto dell'omonima e celeberrima opera lirica Turandot, musicata e lasciata incompiuta da Giacomo Puccini e successivamente completata dal compositore napoletano Franco Alfano, la cui prima rappresentazione ebbe luogo il 25 aprile 1926 alla Scala di Milano sotto la direzione del maestro parmense Arturo Toscanini.
Pochi anni prima rispetto al lavoro di Puccini, anche il pianista, compositore e direttore d'orchestra empolese Ferruccio Busoni compose un'omonima opera basata sul testo originale di Carlo Gozzi.

NOTE DI REGIA
Il primo serio approccio all'opera in versi Turandot di Carlo Gozzi avvenne nel 2002, quando per la compagnia "Teatro delle Molliche" rivestii i panni del principe Calaf, innamorandomi così di un'opera tanto drammatica quanto ricca di gioiosi e struggenti sentimenti.
Da quella felice esperienza e successivamente dallo studio più approfondito della "favola teatrale" gozziana ma anche delle versioni di altri drammaturghi e compositori italiani ed europei, è nato questo progetto teatrale che potrei definire un pout-pourri di quanto a mio modesto parere ho trovato di bello ed interessante in alcune di esse.
Rispetto all'opera originale di Gozzi, ho preferito eliminare i personaggi della commedia dell'arte (Truffaldino, Brighella, Pantalone e Tartaglia) ed inserire i pucciniani Ping, Pong e Pang, affidando loro gli unici passaggi farseschi di questo adattamento.
Ismaela, nutrice del Principe di Persia fatto decapitare da Turandot per non aver indovinato i suoi tre enigmi, ha preso invece il posto di Ismaele, tutore del Principe di Samarcanda: tale scelta per rendere ancor più toccante uno dei passaggi più drammatici dell'intera vicenda, poiché la perdita cruente di un "figlio" di latte sicuramente è più dolorosa e meno distaccata di quella di un protetto.
Riguardo le musiche, la scelta è ricaduta sia su Turandot Suite di Ferruccio Busoni che su Turandot di Giacomo Puccini; di quest'ultima si è volutamente provato a cantare in modo leggero e non lirico un paio delle arie più rappresentative, un canto più vissuto e recitato che eseguito in bello stile.
Infine le coreografie, tutte assolutamente nuove ed originali, dove in alcuni passaggi sono stati ripetuti gli esperimenti fatti sempre con la Compagnia dei Teatranti in Rugantino, inserendo passi e stili moderni ben integrati con quelli più classici.

TRAMA
Calaf, principe di Astrakan spodestato e costretto all'esilio, col preciso intento di diventare soldato del Gran Khan, si rifugia sotto falso nome a Pechino dove ritrova il suo servo Barach, che fingendosi persiano ha sposato Schirina, una locandiera da cui ha avuto una figlia, Zelima, schiava di corte.
Calaf racconta al suo fedele servitore le sfortunate vicissitudini sue e dei suoi familiari; di contro Barach gli racconta la vicenda di Turandot, figlia del Gran Khan Altoum: per vendicare la sua antenata principessa Lou-Ling, rapita, fatta schiava e successivamente uccisa da un principe straniero, sottopone i suoi pretendenti a una sfida crudele: essi, per poter ottenere la sua mano, devono prima risolvere tre enigmi da lei proposti. Se falliscono, verranno decapitati e le loro teste esposte sulle mura della città.
Nel frattempo arriva Ismaela, balia del principe di Persia che appena sottopostosi alla prova, fallendo è stato decapitato. Ma, prima di morire, ha voluto baciare il ritratto della principessa, ritratto che Ismaela in un acceso atto di disperazione getta a terra, calpestandolo. Calaf rimane ammaliato alla visione dell'immagine della principessa e decide di sottoporsi anch'egli alla prova.
L'imperatore, venuto a conoscenza della sfida lanciata da Calaf e addolorato per l'ennesima fine che si prospetta per un pretendente, con l'aiuto dei suoi ministri Ping, Pong e Pang tenta di farlo recedere dalle sue intenzioni, ma Calaf si mostra deciso ad affrontare la prova.
Entra in scena Turandot, accompagnata dalle schiave di corte Zelima, Lao-Ching e Adelma, ex-principessa figlia del re di Tabriz di cui Calaf era stato schiavo dopo la perdita del suo trono. Adelma, segretamente innamorata di Calaf, lo riconosce immediatamente. Turandot sottopone i suoi enigmi e tra la sorpresa e il giubilo generale Calaf riesce a darne la soluzione!
Esplode la gioia a corte ma la principessa, che non vuol darsi per vinta, chiede una sfida di rivincita: Calaf accetta la richiesta di Turandot ed a sua volta le chiede di risolvere un enigma: deve indovinare la sua vera identità e se vi riuscirà, Calaf sarà decapitato.
Adelma, gelosa per le probabili nozze di Calaf e decisa a impedirle, suggerisce a Turandot che sicuramente a Pechino c'è chi conosce l'identità del principe, basta solo trovarlo e ricompensarlo adeguatamente o rinchiuderlo nelle carceri e farlo parlare. Dopo alcuni appostamenti e soffiate, le guardie di palazzo arrestano Timur padre di Calaf e Barach ma i due mantengono segreto il nome del principe anche se torturati. Si moltiplicano così i tentativi per far parlare Calaf: prima Schirina, poi i ministri Ping Pong e Pang e quindi, Zelima, la quale confida a Calaf che Turandot in realtà è innamorata di lui. Infine arriva Adelma: oltre a rivelargli chi sia e cosa ha passato negli ultimi anni, mentendo avvisa Calaf che Turandot ha intenzione di farlo uccidere all'alba e gli propone di fuggire subito insieme. Calaf però, innamorato e deciso a sposare Turandot, non accetta la proposta.
Il giorno seguente Turandot, tra la sorpresa generale, rivela a tutti il nome di Calaf. Adelma infatti ha rivelato alla principessa l'identità del principe, nell'estremo tentativo di impedire le nozze.
 
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